Il filo conduttore è stato San Paolo, figura rivoluzionaria della teologia cristiana, primo vero “comunicatore” della parola di Gesù al mondo. Degl’Innocenti ne ha tracciato un ritratto vivido, partendo dalla sua trasformazione da Saulo a Paolo, passando per le sue intuizioni più forti: un paradiso possibile per tutti, il valore della debolezza come spazio di forza divina, l’adozione della croce come simbolo di salvezza universale.
Ad aprire il racconto sono state le parole di Borges, secondo cui tutte le storie del mondo si riducono a quattro trame fondamentali: la difesa di una città, una ricerca, un ritorno e il sacrificio di un dio. Trame che si intrecciano anche nella vita di Paolo, e che risuonano in ciascuno di noi.
Accompagnato da una composizione originale del maestro Dario Bonuccelli, Lorenzo ha saputo intrecciare pensieri, citazioni e riflessioni. Ha parlato del dubbio, dell’inquietudine di Paolo, mai uomo “arrivato”, ma sempre in cerca, e l’ha messo in dialogo con la figura di Tolstoj, ossessionato per tutta la vita dal senso delle cose, fino a trovare nella vecchiaia una sua spiritualità anarchica e pacifista. Un passaggio de La confessione ha dato voce a questa ricerca con parole autentiche e dense di significato.
Il momento forse più toccante è arrivato con la poesia della palestinese Ni’ma Hassan, letta per ricordare che i luoghi attraversati da Paolo, una volta centro del sapere e della cultura, oggi sono deserti di guerra. Il dolore di una madre a Gaza, raccontato in versi, ha riportato la spiritualità alla sua radice più concreta: quella della sofferenza umana, che chiede ascolto e compassione.